domenica 18 gennaio 2009

Nel nome di Allàh il Misericorde il Clementissimo


Israele : boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni - 10/01/09
di Naomi Klein
Fonte:
Megachip

È ora. Un momento che giunge dopo tanto tempo. La strategia migliore per porre fine alla sanguinosa occupazione è quella di far diventare Israele il bersaglio del tipo di movimento globale che pose fine all'apartheid in Sud Africa.
Nel luglio 2005 una grande coalizione di gruppi palestinesi delineò un piano proprio per far ciò. Si appellarono alla «gente di coscienza in tutto il mondo per imporre ampi boicottaggi e attuare iniziative di pressioni economiche contro Israele simili a quelle applicate al Sudafrica all'epoca dell'apartheid». Nasce così la campagna "Boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni" (Boycott, Divestment and Sanctions),
BDS per brevità.

Ogni giorno che Israele martella Gaza spinge più persone a convertirsi alla causa BDS, e il discorso del cessate il fuoco non ce la fa a rallentarne lo slancio. Il sostegno sta emergendo persino tra gli ebrei israeliani. Proprio mentre è in corso l'assalto, circa 500 israeliani, decine dei quali artisti e studiosi rinomati, hanno inviato una lettera agli ambasciatori stranieri di stanza in Israele. La lettera chiede «l'adozione immediata di misure restrittive e sanzioni» e richiama un chiaro parallelismo con la lotta antiapartheid. «Il boicottaggio del Sud Africa fu efficace, Israele invece viene trattato con guanti di velluto.... Questo sostegno internazionale deve cessare.»

Tuttavia, molti ancora non ci riescono. Le ragioni sono complesse, emotive e comprensibili. E semplicemente non sono abbastanza buone. Le sanzioni economiche sono gli strumenti più efficaci dell'arsenale nonviolento. Arrendersi rasenta la complicità attiva. Qui di seguito le maggiori quattro obiezioni alla strategia BDS, seguita da contro-argomentazioni.

1. Le misure punitive alieneranno anziché convincere gli israeliani. Il mondo ha sperimentato quello che si chiamava "impegno costruttivo". Ebbene, ha fallito in pieno. Dal 2006 Israele accresce costantemente la propria criminalità: l'espansione degli insediamenti, l'avvio di una scandalosa guerra contro il Libano e l'imposizione di punizioni collettive su Gaza attraverso un blocco brutale. Nonostante questa escalation, Israele non ha dovuto far fronte a misure punitive, ma anzi, al contrario: armi e 3 miliardi di dollari annui in aiuti che gli Stati Uniti inviano a Israele, tanto per cominciare. Durante questo periodo chiave, Israele ha goduto di un notevole miglioramento nelle sue relazioni diplomatiche, culturali e commerciali con moteplici altri alleati. Ad esempio, nel 2007, Israele è diventato il primo paese non latino-americano a firmare un accordo di libero scambio con il Mercosur. Nei primi nove mesi del 2008, le esportazioni israeliane verso il Canada sono aumentate del 45%. Un nuovo accordo di scambi commerciali con l'Unione europea è destinato a raddoppiare le esportazioni di Israele di preparati alimentari. E l'8 dicembre i ministri europei hanno "rafforzato" l'Accordo di Associazione UE-Israele, una ricompensa a lungo cercata da Gerusalemme.
È in questo contesto che i leader israeliani hanno iniziato la loro ultima guerra: fiduciosi di non dover affrontare costi significativi. È da rimarcare il fatto che in sette giorni di commercio durante la guerra, l'indice della Borsa di Tel Aviv è salito effettivamente del 10,7 per cento. Quando le carote non funzionano, i bastoni sono necessari.

2. Israele non è il Sud Africa. Naturalmente non lo è. La rilevanza del modello sudafricano è che dimostra che tattiche BDS possono essere efficaci quando le misure più deboli (le proteste, le petizioni, pressioni di corridoio) hanno fallito. Ed infatti permangono reminiscenze dell'apartheid profondamente desolanti: documenti di odentità con codici colorati e permessi di viaggio, case rase al suolo dai bulldozer e sfollamenti forzati, strade per soli coloni. Ronnie Kasrils, eminente uomo politico sudafricano, ha detto che l'architettura della segregazione da lui vista in Cisgiordania e a Gaza nel 2007 è "infinitamente peggiore dell'apartheid".

3. Perché mettere all'indice solo Israele, quando Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi occidentali fanno le stesse cose in Iraq e in Afghanistan? Il boicottaggio non è un dogma, è una tattica. La ragione per cui la strategia BDS dovrebbe essere tentata contro Israele è pratica: in un paese così piccolo e così dipendente dal commercio potrebbe effettivamente funzionare.

4. Il boicottaggio allontana la comunicazione, c'è bisogno di più dialogo, non di meno. A questa obiezione risponderò con una mia storia personale. Per otto anni i miei libri sono stati pubblicati in Israele da una casa editrice commerciale chiamata Babel. Ma quando ho pubblicato "Shock Economy" ho voluto rispettare il boicottaggio. Su consiglio degli attivisti BDS, ho contattato un piccolo editore chiamato Andalus. Andalus è una casa editrice attivista, profondamente coinvolta nel movimento anti-occupazione ed è l'unico editore israeliano dedicato esclusivamente alla traduzione in ebraico di testi scritti in arabo. Abbiamo redatto un contratto che garantisce che tutti i proventi vadano al lavoro di Andalus, e nessuno per me. In altre parole, io sto boicottando l'economia di Israele, ma non gli israeliani.

Mettere in piedi questo programma ha comportato decine di telefonate, e-mail e messaggi istantanei, da Tel Aviv a Ramallah, a Parigi, a Toronto, a Gaza City. A mio avviso non appena si dà vita ad una strategia di boicottaggio il dialogo aumenta tremendamente. D'altronde, perché non dovrebbe? Costruire un movimento richiede infinite comunicazioni, come molti nella lotta antiapartheid ricordano bene. L'argomento secondo il quale sostenendo i boicottaggi ci taglieremo fuori l'un l'altro è particolarmente specioso data la gamma di tecnologie a basso costo alla portata delle nostre dita. Siamo sommersi dalla gamma di modi di comunicare l'uno con l'altro oltre i confini nazionali. Nessun boicottaggio ci può fermare.
Proprio riguardo ad ora, parecchi orgogliosi sionisti si stanno preparando per un punto a loro favore: forse io non so che parecchi di quei giocattoli molto high-tech provengono da parchi di ricerca israeliani, leader mondiali nell'Infotech? Abbastanza vero, ma mica tutti. Alcuni giorni dopo l'assalto di Israele a Gaza, Richard Ramsey, direttore di una società britannica di telecomunicazioni, ha inviato una e-mail alla ditta israeliana di tecnologia MobileMax. «A causa dell'azione del governo israeliano degli ultimi giorni non saremo più in grado di prendere in considerazione fare affari con voi né con qualsiasi altra società israeliana.»
Quando è stato interpellato da The Nation, Ramsey ha affermato che la sua decisione non è stata politica. «Non possiamo permetterci di perdere neppure uno dei nostri clienti: è stata pura logica difensiva commerciale.»
È stato questo tipo di freddo calcolo che ha portato molte aziende a tirarsi fuori dal Sud Africa due decenni fa. Ed è proprio questo tipo di calcolo la nostra più realistica speranza di portare giustizia, così a lungo negata, alla Palestina.

Traduzione di Manlio Caciopo per Megachip
Articolo orginale:
http://www.thenation.com/doc/20090126/klein?rel=hp_currently

Lista dei prodotti israeliani da boicottare

domenica 4 gennaio 2009

Cene di Beneficenza e Solidarietà con Gaza

Nel nome di Allàh il Misericorde il Clementissimo

Islamic Relief Italia e i Giovani Musulmani d'Italia organizzano delle cene di beneficenza e solidarietà con e per Gaza. Queste serate servono al fine di informare sullo stato umanitario attuale di Gaza e per raccogliere fondi da devolvere ai sofferenti di Gaza.

Martedì 6/01/2009 - Torino, Ristorante Rababa (via San Domenico 1) ore 19.30. Costo minimo 20 € - prenotazione obbligatoria. Adesioni a volontari@islamic-relief.it o 3277368050

Domenica 11/01/2009 - Milano, Ristorante Omarnino (via Pietro Crespi 16) ore 19.00. Costo minimo 20 € - prenotazione obbligatoria. Adesioni a volontari@islamic-relief.it o 3277368050

giovedì 1 gennaio 2009

Gaza necessita dei nostri sforzi

Nel nome di Allàh il Misericorde il Clementissimo

Emergenza Estrema a Gaza

Nel mattino del 27 Dicembre scorso, un pesante attacco missilistico è stato attuato contro la Striscia di Gaza, riaccendendo le ostilità tra Israeliani e Palestinesi. Il bilancio delle vittime si è fatto drammatico sin dalle prime ore: 195 civili palestinesi uccisi e oltre 200 feriti. Trattandosi di stime approssimative, è molto probabile che il numero di morti e feriti sia destinato a crescere, soprattutto se le incursioni israeliane si protrarranno a lungo, sprofondando il popolo palestinese - ancora una volta - nell’incapacità di fornire cure e soccorsi adeguati a tutti, nonché nell’ennesima, critica emergenza umanitaria. Secondo quanto riportato dalla BBC, quest’ultimo attacco rischia di essere il peggiore in termini di vittime e feriti dal 1967.


Rifornimenti all'Ospedale Al Shifa di Gaza
Conferenza Stampa del 29 Dicembre 2008Islamic Relief Worldwide invia rifornimento di farmaci all’ospedale Al Shifa di Gaza
L’Organizzazione Umanitaria internazionale Islamic Relief ha finanziato l’invio su cinque tir di un carico urgente, per rifornire di farmaci e dispositivi medici l’ospedale di Gaza “Al Shifa” ed altri centri clinici della Striscia. Tra gli articoli richiesti con maggior urgenza dal Ministero della Sanità palestinese, perché esauriti: siringhe, guanti chirurgici, garze sterili e cannule per uso orale. Il costo complessivo del rifornimento è di 86.000 sterline inglesi. Gli aiuti sanitari, che sono stati acquistati sul mercato locale per favorire l’economia palestinese, saranno distribuiti presso i principali centri medici di Gaza in collaborazione con il Ministero della Salute.
Continua ...

Appello ai volontari

Ci stiamo mobilitando con tutte le nostre forze per portare più aiuti possibili a Gaza. Abbiamo preso contatto con alcuni nostri volontari per poter organizzare in tutte le città possibili delle cene di raccolta fondi e sensibilizzazione, delle giornate per Gaza, dei banchetti, ... Per questo chiediamo ai nostri volontari e a tutti quelli che vogliono di darci una mano per salvare più vite possibili, con il permesso di Dio.


Appello a tutti

Carissimi tutti,ti lanciamo questo appello diretto ad ognuno di voi. Dopo aver visto la situazione di Gaza, che è sicuramente peggiore di quella descrittaci dai mass-media, di fare il massimo e ognuno con quello che può dare di soldi, tempo, preghiere, sensibilizzazione, ... e altro di lavori che possiamo fare insieme per Gaza.

Vostre Donazioni

Se possedete una POSTEPAY o una carta prepagata o una carta di credito, potete donare la quota che volete dedicare a Gaza tramite il sito internet a questa pagina:

· Conto Postale: c/c n° 24024002
· Conto Bancario: BNL - IBAN: IT 68M 0100501614000000013970
· Assegno non trasferibile intestato a : Islamic Relief Italia

venerdì 14 novembre 2008

Lettera al Presidente Napolitano

Nel nome di Allàh il Misericorde il Clementissimo

Di seguito la lettera della sorella Sumaya al Presidente della Repvbblica.

Al mio Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano

Caro Presidente

Le scrivo per esprimerLe gioia ed emozione, malinconia ed amarezza.

I primi due sentimenti nascono dal suo storico incontro con i nuovi italiani, incontro in cui, forse, per la prima volta un’Istituzione così importante riconosce come tali.

I secondi sentimenti invece nascono dalla delusione di non poter far parte, sulla carta, di quel gruppo di giovani.

Nata in Italia, a Perugia, 30 anni fa. Per un disguido burocratico che ha creato una interruzione di 3 mesi nella residenza mia e delle mie sorelle sul suolo italiano, abbiamo perso la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana per diritto di nascita.

Ma non parlerò delle difficoltà che tale situazione ci ha creato negli anni, tra rinnovi dei permessi di soggiorno, gite perse all’estero a scuola o con amici, lavori impossibili da ottenere e così via.

No.

Le voglio parlare dell’amore che provo per questo Paese, della voglia di farne parte comunque, sempre, al Suo servizio, fedele e cosciente.

L’Italia ha accolto i miei genitori giovanissimi. Il suo popolo li ha curati, cresciuti, amati. La sua gente ha accolto noi figli. Ci ha amati, cresciuti, educati.

Noi abbiamo risposto. Amando l’Italia, abbracciando i suoi principi e la sua cultura.

Si, abbiamo radici altrove (che vogliamo curare e valorizzare come ricchezza e elemento aggiunto alla nostra identità), ma tutto il nostro tronco e i nostri rami sono qui. Qui i nostri frutti cresceranno, cadranno, doneranno nuovi semi che daranno nuova energia al grande e meraviglioso ciclo della vita.

Caro Presidente, mi auguro che il Suo appello di serietà, rispetto, considerazione e “investimento” sui nuovi italiani, giunga al cuore di chi questo Paese lo guida e lo proietta verso il futuro. Un futuro che deve dar spazio a tutti, nel rispetto dei diritti umani chiedendo in cambio il giusto dovere civico e non solo.

Noi, nuovi italiani (anche se non tutti confermati sulla carta) siamo in “piena identificazione con i valori di storia e di lingua, e con i principi giuridici e costituzionali che sono propri della nostra nazione e del nostro Stato democratico”.

Chiediamo di essere riconosciuti, con più facilità e in tempi ragionevoli, non dimenticando che una fascia significativa dei potenziali nuovi italiani sono figli di immigrati nati e cresciuti nel nostro Paese, a maggior ragione con il diritto di ritrovarsi inseriti ufficialmente tra i cittadini italiani.

Chiediamo di naturalizzare il nostro essere italiani anche se ne siamo un po’ una rivisitazione.

Concedere e riconoscere tutto ciò non solo sulla carta ma anche socialmente e civilmente, evitando la creazione di ghettizzazione, l’esclusione sociale e i cittadini di serie B.

Chiediamo un modello italiano di cooperazione, interazione e interdipendenza che faccia dell’Italia un esempio per tutto il mondo. Siamo ancora in tempo.

Per una antica legge della natura, i caratteri nuovi sono spesso motivo di forza, innovazione, propulsione in avanti e perché no una risposta alle sfide del futuro.

Fedele alla Repubblica e alla Patria italiana e in attesa che essa mi riconosca come sua nuova figlia, auguro a Lei e a tutte le donne e gli uomini che scelgono il bene e respingono il male, serenità, armonia, pace e amore.

Sumaya Abdel Qader